La Congregazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico prese il volo verso il Continente africano il 7 novembre 1975, rispondendo alla chiamata di Dio, mediata dal neo-eletto Nunzio Apostolico in Rwanda e Burundi, S.E. Mons. Nicola Rotunno. Mons. Rotunno, originario di Stigliano (Mt), era un ex-alunno della scuola materna delle Discepole di Gesù Eucaristico ed era stato ordinato sacerdote dal nostro padre Fondatore: fu spontaneo per lui rivolgere il suo appello a Madre Angelica Parisi, superiora generale dell’Istituto, chiedendo la collaborazione delle Discepole alla Nunziatura Apostolica di Kigali, in Rwanda.
Monsignor Nicola Rotunno con Papa Giovanni Paolo II
Il Rwanda è uno stato piccolissimo, grande quanto una regione italiana, situato nel cuore del continente africano; ora tristemente famoso per i massacri del 1994, a quel tempo era sconosciuto, oltre che sottosviluppato e quindi poverissimo. Rientrava a pieno titolo nella categoria di quei piccoli paesi, di quelle opere umili, che il Padre ci ha indicato come campo privilegiato del nostro apostolato.
Mons. Rotunno amava la nostra Famiglia Religiosa e, mentre le chiedeva un servizio in Nunziatura, si proponeva di aprirle un nuovo orizzonte: la missione in Africa.
La Madre Angelica accolse con entusiasmo l’invito, scorgendovi un disegno divino; lo rilanciò alla Congregazione, mediante una lettera circolare volta a saggiarne l’apertura missionaria e a creare nelle Discepole le disposizioni interiori per una risposta generosa. Furono scelte come pioniere Sr Rosalba Pagliaro, Sr Filippina Grande e Sr Emidia Di Nobile.
Il 7 novembre del 1975 decollarono dall’aeroporto di Fiumicino, accompagnate dalla stessa Madre Angelica e dalla Segretaria Generale Sr Bianca Maria Ippolito.
Toccarono il suolo rwandese il 9 novembre, accolte con gioia dal Nunzio Apostolico. C’era emozione e speranza nelle protagoniste, ma anche in tutte le Discepole, poiché l’Africa era un campo nuovo, immenso e interessante, che si apriva davanti a noi, memori del fine della Congregazione, che contempla, come punto essenziale, il desiderio che il regno eucaristico si estenda nel mondo, così che “in ogni angolo della terra si elevi un altare e un tabernacolo” (cf. Cost. 1933 art. 1; Cost. 1985 art. 4).
Le tre sorelle generose, che avevano risposto di sì alla proposta della Madre, intrapresero con slancio la singolare avventura, confidando nell’aiuto del Signore. Il Nunzio le incoraggiò e fin dai primi giorni alimentò il loro zelo missionario, conducendole a visitare la missione parrocchiale di Kicukiro, a 8 Km da Kigali, dove operavano i Padri Salesiani. Perciò fin dall’inizio, mentre assolvevano il servizio richiesto dalla Nunziatura apostolica, le nostre sorelle si recavano spesso a Kicukiro per svolgervi un’opera promozionale ed evangelizzatrice, in collaborazione con la parrocchia. In particolare, intrattenevano le giovani, insegnando i lavori femminili: cucito, ricamo, lavoro a maglia ecc. Era una preziosa opportunità per conoscere la vita e la cultura rwandese, incontrando giovani, bambini, visitando le famiglie. Cominciarono ad aiutare i poveri, collaborando con la Caritas parrocchiale. Intravidero presto gli enormi bisogni della gente del posto e quello che si poteva fare per loro. Gesù Eucaristico era al centro di ogni iniziativa; l’adorazione cominciò ad attirare i meglio disposti alla preghiera. Dopo alcuni mesi, essendosi inserite in quell’ambiente e avendo conosciuto la gente, sentirono la necessità di stabilirsi in quel posto. Come conciliare altrimenti il lavoro alla Nunziatura con le attività apostoliche intraprese in seno alla parrocchia? Bisognava avere a Kicukiro una casa con una comunità. Fu acquistato un terreno adiacente alla parrocchia, per costruirvi una modesta abitazione ed una sala che fungesse da atélier, per accogliervi le ragazze. C’erano già alcune giovani che chiedevano di condividere la nostra vita e bisognava pensare a un ambiente dignitoso, anche se povero, in cui accoglierle per la loro prima esperienza e formazione.
Il 24 maggio del 1978 fu posta la prima pietra della prima casa delle Discepole in Rwanda. La Madre Angelica fu invitata alla cerimonia con il seguente biglietto: “In occasione del 100° anniversario della nascita del loro Fondatore, il Vescovo Raffaello Delle Nocche, le Suore Discepole di Gesù Eucaristico pregano la Madre Generale Sr Angelica Parisi di onorarle della sua presenza, mercoledì 24 maggio 1978 alle ore 16.00, presso la parrocchia di Kicukiro, per la cerimonia della posa della prima pietra dell’atélier per ragazze e della Casa delle Suore. La cerimonia sarà officiata dal Nunzio Apostolico in Rwanda e Burundi, S.E. l’arcivescovo Nicola Rotunno. Un ricevimento avrà luogo subito dopo la cerimonia”.
La casa delle Suore e l’annesso atélier furono poi inaugurate nel 1979, con la presenza della Vicaria Generale Sr M. Antonietta Mignella. Per poter formare la nuova comunità si erano aggiunte al gruppo Sr Fulvia Miraglia e Sr Grata Gioia. Le Discepole avevano finalmente la loro missione, mentre Mons. Rotunno si apprestava a lasciare il Rwanda, avendolo il Papa trasferito nello Sri Lanka. Aveva compiuto per noi la missione di angelo custode dei primi passi della Congregazione in Africa.
Le Suore, encomiabili nel loro zelo missionario, con il contributo di volontari e benefat-tori, allargarono il loro raggio di azione, sempre in collaborazione con la parrocchia.
Fu costruita la Cappella, dove ben presto le Suore, le giovani e i fedeli cominciarono ad alternarsi nell’adorazione a Gesù Eucaristico, esposto con semplicità sul povero altare di legno. Così la comunità testimoniava anche visibilmente l’amore all’Eucaristia, centro della sua vita e fonte della sua attività caritativa e apostolica.
Nel territorio della Parrocchia, a una ventina di chilometri da casa, si aprirono due Centri Nutrizionali: uno a Busanza, l’altro a Gahanga. Tali Centri erano frequentati da centinaia di mamme con i loro bambini malati di denutrizione o malnutrizione. Le Suore, con la collaborazione di personale rwandese preparato, le accoglievano, le ascoltavano, le istruivano e fornivano viveri e medicine, perché potessero curare e nutrire correttamente i loro figlioletti.
Un gruppo di Discepole col Nunzio Apostolico in Rwanda Mons. Morandini
Anno 1987
Accanto alla Casa delle Suore sorgeva intanto una scuola materna, composta soltanto di due aule, per accogliervi i bambini, con lo scopo di aiutarli a crescere sani ed educarli nei valori umani e cristiani.
Gradualmente, negli anni che seguirono la costruzione fu completata ed arredata, in modo da poter soddisfare le esigenze di una vera scuola.
Per un certo periodo, seguendo la sensibilità dell’istinto materno, le suore si dedicarono anche alla cura di bambini portatori di handicap, pur non possedendo i requisiti richiesti, valendosi però della collabora- zione di un’istituzione competente.
Intanto il carisma delle Discepole contagiava le giovani rwandesi.
Quelle che mostravano vocazione religiosa venivano accolte nella casa costruita per loro e seguite nella loro vita quotidiana: facevano esperienza della vita di comunità, collabora-vano nelle opere delle Suore e ricevevano istruzioni da alcuni religiosi missionari per la loro formazione umana e religiosa.
Le difficoltà non mancavano, ma il Maestro Eucaristico sosteneva le sue Discepole e si serviva di loro per chiamarne altre al suo seguito. Soltanto le Discepole rwandesi avreb-bero potuto operare efficacemente nella promozione ed evangelizzazione del popolo rwandese, principalmente per il motivo che esse ne conoscevano la lingua, l’indole e la cultura. Già da aspiranti, guidate dalle formatrici, esse spargevano il seme della Parola e diffondevano il Carisma dell’adorazione e riparazione eucaristica, nella misura che lo assimilavano esse stesse condividendo la vita della comunità. Erano impegnate nella catechesi, nella scuola, nei centri nutrizionali, nell’atélier e nell’aiuto ai poveri e ai malati. Ma la Formazione subiva lentezze e rinvii, per mancanza di strutture e di persone che vi si dedicassero in maniera sistematica. Nel 1985 iniziarono i lavori per la costruzione del Noviziato e nell’aprile dell’86 le prime tre postulanti rwandesi fecero ingresso in Noviziato. Il 5 giugno 1988, con immensa gioia celebrammo la Professione religiosa delle prime tre Discepole rwandesi: Sr Savera, Sr Donata e Sr Maria Goretti.
Missione di Kicukiro 1988
Ne seguirono altre, con ritmo regolare fino al 1994, quando il Paese fu sconvolto dall’im-mane tragedia del genocidio e dei massacri, le cui tristi conseguenze durano ancora. Fino a quella data si erano realizzati notevoli progressi, sebbene tra mille difficoltà e con tanto sacrificio, specialmente a partire dall’ottobre del 1990, quando iniziarono le ostilità fra i ribelli del Fronte Patriottico Rwandese e l’esercito regolare del Rwanda. Nel 1989 una seconda comunità era stata fondata a Nyarurema, dove alcuni sacerdoti italiani della diocesi di Lucca guidavano una parrocchia di recente fondazione. La località era proprio vicina al confine con l’Uganda, da cui nel ‘90 cominciarono a penetrare i ribelli. La vita della comunità, che era iniziata sotto i migliori auspici, subì la sorte comune. I ribelli facevano continue incursioni, seminando morte e sofferenze tra la popolazione del luogo; non c’era più alcuna sicurezza. I volontari italiani, che prestavano lì la loro opera nel Centro Nutrizionale e nel Centro di Sanità, abbandonarono il campo per far ritorno in Italia. Fu allora che, sebbene non fosse nei nostri programmi, a causa dell’emergenza, le suore si occuparono anche della direzione del Centro di Sanità, con i feriti che arrivavano di continuo a chiedere soccorso. I sanguinosi assalti ripetuti costrinsero la popolazione a spostarsi e ad accamparsi ogni volta, alla meglio, in capanne di frasche che si costruivano là per là con le loro mani, per avere un riparo. Anche le nostre sorelle di Nyarurema dovettero abbandonare la loro casa, i sacerdoti la parrocchia, ma scelsero di restare accanto alla loro gente, per condividere la loro precarietà e fare di tutto per alleviare le loro sofferenze, continuando a procurare viveri, indumenti e medicine, a prodigare cure, a collaborare nella pastorale parrocchiale.
Dal ‘90 al ‘94 la situazione divenne sempre più grave: quante volte dovettero fuggire ed accamparsi in un luogo ritenuto più sicuro! Le nostre sorelle per tutti quegli anni vissero eroicamente il comandamento dell’amore, rischiando la vita con i fratelli, condividendo l’angoscia e la precarietà della situazione, pur potendo mettersi al sicuro, trasferendosi a Kicukiro. Alcune di loro, a causa dell’etnia, erano perfino minacciate dai loro beneficati, ma non abbandonarono il campo; con sacrificio e dedizione ammirevoli, incuranti del pericolo, vollero restare accanto ai loro “déplacés”.
Nonostante l’insicurezza della situazione generale, si sperava nel termine delle ostilità e, siccome i membri della comunità aumentavano, si cominciò a pensare a una terza comunità. Esaminate varie possibilità, la scelta cadde su Bicumbi, con un progetto “ambizioso” che gli eventi impedirono di realizzare. Nel ‘93 si cominciò a costruire la Casa, ma due suore con tre aspiranti che studiavano nella vicina scuola secondaria, si adattarono in una casetta che era stata costruita dagli “Amici del Rwanda”, volontari che nel periodo estivo prestavano la loro opera in quella parrocchia. Nel marzo del ‘94 la Casa era pronta e la comunità vi si trasferì, ma non vi trascorse che pochi giorni, poiché dovette abbandonarla, dopo le atrocità di cui era stata spettatrice impotente.
Il cammino della Missione, proprio quando sembrava consolidarsi, fu così bruscamente interrotto da un orribile spettacolo di violenza fratricida, da un odio irrefrenabile, cieco, travolgente. L’unica cosa da fare era cercare di salvare vite umane, cominciando dalle più vicine. Avemmo la fortuna, grazie a Dio e alla sensibilità delle autorità che si misero in moto tempestivamente, di poter riparare in Italia con tutte le sorelle rwandesi, tranne le aspiranti che si trovavano in famiglia per le vacanze pasquali. Tutto quanto era stato costruito con sacrificio durante circa vent’anni, rimaneva abbandonato al saccheggio e alla furia distruttiva delle bande armate, nonché alla bramosia di chiunque volesse approfittare della sciagura altrui. Quando infatti, cessata la carneficina, tornammo per gruppi, trovammo a mala pena i muri imbrattati. Tutto il resto portato via o danneggiato. Con pazienza, lentamente si ricominciò, ma più che le case e le suppellettili, si trattava di ricostruire le persone: distrutte dentro, traumatizzate, inebetite, abbrutite.
Le nostre missioni rinacquero dalle rovine, una dopo l’altra: Kicukiro, Nyarurema, Bicumbi, a distanza di un paio d’anni l’una dall’altra. Nel novembre del ‘94, le prime suore fecero timidamente ritorno a Kicukiro. Era ancora emergenza. Fu richiesto alla comunità di prendere la direzione del Centro di Santé, che era stato costruito dai volontari italiani di Progetto Mondialità e dalla Diocesi di Ugento gemellata con la Diocesi di Kigali; il Centro era stato provvisoriamente gestito da “Medici senza frontiere”. Si verificò un altro orribile eccidio in un vasto campo-profughi situato a Kibeho e in quella circostanza fu chiesto alle suore di ospitare un folto gruppo di bambini rimasti senza i genitori, morti o dispersi. Le suore si dedicarono come sempre alla cura di questi orfani finché non fu trovata per loro una sistemazione. A febbraio del ‘95 tornarono altre suore rwandesi per dar man forte alle italiane. A maggio dello stesso anno tornarono le novizie e le postulanti con la Maestra.
Ma poi i superiori, esaminata la situazione, credettero opportuno chiudere il Noviziato del Rwanda: le postulanti tornarono in Italia per il Noviziato. All’inizio del ‘96 si riaprì Nyarurema, in un’altra casa, poiché la prima non era più agibile.
Come prima della guerra, questa comunità collaborava strettamente con la parrocchia, sia sul piano pastorale che su quello umanitario; estendeva la sua azione anche alla vicina parrocchia di Rukomo. Era una comunità decisamente apostolica, amata dalla gente, anche se non era più quella conosciuta prima della guerra; infatti era costituita in maggioranza dagli ex-rifugiati in Uganda e in Zaire, rientrati in patria nei luoghi abbandonati dai fuggiaschi.
Prima Professione di due DGE rwandesi
Nel ‘98 si riaprì la casa di Bicumbi, quella che conservava i ricordi più tristi, per essere stata testimone di un eccidio spaventoso. Anche qui c’era stato un travaso di popolazione, se pur meno generalizzato. La situazione era tesa, la convivenza delle due etnie più difficile, poiché i ricordi del genocidio e delle successive vendette erano ancora vivi e terrificanti. Le Suore vi furono accolte con gioia e incontrarono collaborazione pronta ed affettuosa. La miseria era molta, la sofferenza profonda. La parrocchia era lontana, c’era una chiesa succursale dove il sacerdote arrivava una volta al mese e solo allora si poteva celebrare la Messa. Le altre domeniche ci si doveva contentare della Liturgia della Parola seguita dal Rito della Comunione. La comunità delle Suore compiva ogni giorno questo Rito dopo la preghiera delle Lodi e la meditazione. Era questa per noi la più grande privazione e, se un sacerdote vi capitava di passaggio, immediatamente chiedevamo il dono inestimabile della Celebrazione Eucaristica. Ma tutto si volge in bene per chi ama il Signore e accetta la sua volontà. Imparammo ad apprezzare meglio il più gran Dono dell’Amore di Dio e sentimmo più profonda l’esigenza di supplire alla sua mancanza sacramentale con la nostra offerta viva, diventando noi un’eucaristia vivente, impegnan-doci a testimoniare il significato di questo Sacramento.
Prima Professione di due Discepole di G.E.
a Kigali – Rwanda
Con slancio le suore si misero all’opera: c’era tanto da fare per andare incontro ai bisogni della gente. Si iniziò ad accogliere le giovani nella nostra stessa casa per dare vita a un atélier che permettesse loro di apprendere un lavoro remunerativo e prepararsi un avveni- re migliore. Si iniziò anche la scuola materna con un gruppo di bambini accolti in un garage, che per loro era bello, in confronto alle loro capanne. Intanto, col finanziamento della Comunità Europea, si costruiva la Scuola Materna prima, l’Atélier poi. C’era l’entusiasmo degli inizi, ma nello stesso tempo tristezza e senso d’impotenza di fronte ai tanti poveri malati ed affamati, che ricorrevano a noi pieni di speranza, per soddisfare le loro primarie necessità, risolvere i loro problemi e talvolta realizzare il sogno di accedere alla cultura, cioè poter frequentare una scuola.
Il vicino dispensario era povero di personale competente e di mezzi per curare i malati. La scuola rimandava a casa i bambini che non potevano comprarsi l’uniforme o pagare la retta, ma quei bambini non potevano nemmeno mangiare una volta al giorno e a scuola si addormentavano sui banchi. Noi non potevamo aiutare tutti ed era il nostro cruccio.
Intanto le Discepole rwandesi crescevano, un buon gruppo aveva emesso i Voti Perpetui. Il Noviziato riapriva i battenti.
Nel 2000 celebrammo un triplice Giubileo: quello universale dei 2000 anni di Cristiane-simo, quello nazionale del Centenario della Chiesa Cattolica in Rwanda, quello particolare del 25° della presenza delle Discepole in Rwanda. Quest’ultimo fu celebrato con semplicità e solennità ad un tempo, il 9 novembre.
La Madre Aurea, il Nunzio Apostolico Mons. Salvatore Pennacchio, l’Arcivescovo di Kigali, Mons. Thaddée Ntihinyurwa, il Vescovo di Byumba, quello di Gikongoro e tanti sacerdoti a noi vicini ci onorarono della loro partecipazione. Fu un incontro di preghiera e di gioia, un trionfo dell’Eucaristia.
Fu un’occasione per far meglio conoscere alle persone invitate la Congregazione, il suo Fondatore, il suo Carisma. Soprattutto fu un inno di ringraziamento per i benefici ricevuti in 25 anni, vissuti nella luce e nella forza attinte incessantemente nella quotidiana adorazione eucaristica.
L’ultimo atto della festa fu la Professione perpetua di cinque suore. In quell’occasione la Madre Aurea tracciò un profilo storico, ringraziando tutti coloro che hanno contribuito alla nascita, alla crescita e al consolidamento della Missione del Rwanda.
Ma, come recita il salmo 126, “se il Signore non costruisce la Casa invano si affaticano i costruttori; se la casa non è custodita dal Signore invano veglia il custode”.
Davvero nelle vicende più svariate della nostra vita in Rwanda, è visibile la Mano di Dio, che ha voluto e vuole lo sviluppo della Missione, nonostante tutte le nostre debolezze e infedeltà. Siano rese grazie a Lui, autore di ogni bene, che si serve di poveri strumenti per soccorrere gli umili e i poveri del suo Regno, per mostrar loro la fedeltà del suo Amore.
Suor Marilinda Ciccarese